Il settore fashion, un pilastro fondamentale dell’economia italiana, ha chiuso il 2023 con un fatturato di 111,7 miliardi di euro, segnando una crescita del 3,2% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, questo incremento è stato più contenuto rispetto al +16,2% registrato nel 2022, un anno caratterizzato dalla ripresa post-pandemica. Le difficoltà economiche globali, tra cui l’aumento dei prezzi e la conseguente riduzione della domanda, hanno rallentato la crescita del settore. Nonostante questo, la moda continua a rappresentare il 5,2% del PIL italiano, con un forte contributo dall’export che copre il 70% dei volumi del settore.
L’occupazione nel settore moda non ha subito un calo significativo e anzi, si prevede un aumento della domanda di personale specializzato nei prossimi anni. Secondo i dati di Assolavoro e Datalab, entro il 2027 saranno necessari tra i 63.000 e i 94.000 nuovi lavoratori, con una stima più probabile di 72.000 nuovi occupati. Solo nei comparti di tessile, abbigliamento e accessori, la stima più conservativa parla di 63.000 nuove unità, che potrebbero arrivare a 94.000 nella stima più ottimistica.
Le professioni emergenti nel settore moda sono sempre più legate alla sostenibilità. Tra queste, il Sustainability Specialist Fashion e l’Environmental Reporting Coordinator sono figure di crescente importanza. La ricerca di Assolavoro, basata sulle offerte di lavoro su LinkedIn e Indeed, evidenzia la crescente domanda di manager e tecnici specializzati nella sostenibilità. Questo trend è spinto anche dalle nuove normative europee, come il regolamento sull’Ecodesign approvato dal Parlamento UE, che introduce limiti più stringenti sulla produzione e sullo smaltimento dei tessili. Una delle nuove regole prevede che l’invenduto non possa più essere distrutto, un passo importante verso la riduzione degli sprechi in un mercato che oggi vede circolare 70 miliardi di capi di abbigliamento in Europa.
Le aziende stanno strutturando team dedicati alla sostenibilità e alla Diversity & Inclusion, come evidenziato dallo studio Osservatorio comparto moda e futuri scenari professionali condotto dall’Accademia del Lusso con Pambianco. Questo studio, che ha analizzato 17 delle principali aziende del settore moda e lusso a livello globale, mostra che le competenze richieste sono sempre più specializzate e orientate verso la revisione dei processi in chiave sostenibile.
Secondo l’ISTAT, solo il 67% delle imprese del sistema moda ha iniziato a implementare azioni di tutela ambientale, concentrandosi soprattutto sulla riduzione dell’impatto dei processi produttivi nei settori della concia e della pelletteria. Le misure adottate variano dal risparmio dei materiali alla raccolta differenziata e al riciclo dei rifiuti, fino alla riduzione del consumo di acqua e delle emissioni.
Il report dell’Accademia del Lusso rileva una crescente domanda di profili con competenze digitali, come i responsabili e-commerce, data la continua crescita del commercio elettronico in Italia, che ha raggiunto un valore di 35 miliardi di euro. La moda è uno dei settori trainanti, con una crescita prevista del 10-11% sul 2022, arrivando a circa 6 miliardi di euro. Le aziende cercano anche esperti in digital marketing, content creator e analisti di Big Data, come data analyst, esperti in business intelligence e intelligenza artificiale. Altre figure richieste includono cyber e security analyst e Blockchain expert, riflettendo la crescente importanza della digitalizzazione aziendale.
Un’altra tendenza post-Covid è il rientro in Italia delle aziende che avevano delocalizzato. Questo fenomeno aumenta la domanda di tecnici specializzati nella produzione, come modellisti, prototipisti, sarti e tecnici del controllo qualità. La lista delle professioni artigianali più ricercate è lunga e comprende anche product managers, pattern makers, printed textile designer e 3D fashion designer. A livello mondiale, la domanda di personale riguarda principalmente l’area industriale, dedita allo sviluppo e alla produzione delle collezioni, con una prevalenza di figure senior ma con un’attenzione crescente verso i giovani per garantire il passaggio generazionale delle competenze.
Anche l’area retail richiede personale, con figure come store manager, store associate e visual merchandiser in cima alla lista delle ricerche. Le cause sono il turnover elevato e il continuo potenziamento del canale retail diretto da parte delle aziende.
Nonostante la forte domanda di personale, il settore moda riscontra difficoltà nell’inserire i profili adeguati. Nel manifatturiero, il disallineamento tra domanda e offerta riguarda una su due assunzioni, arrivando al 60% per le competenze scientifico-tecnologiche, secondo Unioncamere. Ogni anno mancano più di 7.000 lavoratori specializzati, con un fabbisogno annuale di circa 9.000 profili tecnici, ma solo poco più di 2.000 persone sono formate dal sistema educativo. Questo non include la domanda di chimici e meccatronici.
Il settore moda italiano è dominato dalle PMI, con una significativa presenza di microimprese e imprese familiari. Secondo Assolavoro nel sistema moda a prevalere sono le imprese in forma unipersonale (54,3%), insieme alle società di persone (12,4%). Il resto del comparto è suddiviso tra società e responsabilità limitata (31%), e società per azioni (1,6%).
Il 55,5% degli occupati nella moda sono donne, concentrate soprattutto in Lombardia, Veneto e Toscana. Nel 2021, le aziende lombarde del settore tessile, abbigliamento, calzature e pelletteria rappresentavano il 16,5% del totale nazionale, con 81.586 addetti. Milano è la provincia con il maggior numero di lavoratori nel settore moda (24,9% del totale), seguita da Como (13,5%), Varese (13%), Bergamo (12,6%), Brescia (10,8%) e Mantova (10%).
Nel 2022, l’export delle aziende lombarde del settore moda ammontava a 17,739 miliardi di euro, pari al 27,3% del totale italiano, mostrando una crescita rispetto ai 14,387 miliardi del 2021 e superando i livelli prepandemici del 2019.